L’Ormone della Crescita e Come prevenire l’invecchiamento cerebrale
In una recente pubblicazione scientifica del dott. Vittorio Emanuele Bianchi è apparsa su una importante rivista scientifica (Neurotrophic and Neuroregenerative Effects of GH/IGF1.
Bianchi VE, et al. Int J Mol Sci. 2017 Nov 17) è stato spiegato l’effetto del GH (ormone della crescita) sui neuroni e come questo ormone può prevenire l’invecchiamento cerebrale e la demenza senile. Con l’avanzare dell’età le cellule del corpo umano sono soggette ad un progressivo deterioramento con il conseguente perdita di funzionalità. Il sintomo più caratteristico è la perdita della forza muscolare e la demenza senile. Le cause che favoriscono la comparsa di malattie tipiche di questi sintomi come l’Alzheimer, sono molteplici. Una percentuale viene attribuita alla familiarità, e quindi a cause genetiche, ma una importante componente viene attribuita a cause ormonali ed infiammatorie. Tra queste, la diminuzione dei livelli di testosterone e di IGF1, un peptide prodotto dal fegato sotto l’effetto del GH, sono tre i fattori favorenti principali. Associato all’effetto del GH e dell’IGF1 ci sono l’alimentazione e l’inattività fisica.
Nello studio sono analizzati gli effetti de GH e dell’IGF1 sulle cellule del sistema nervoso centrale e periferico sia nel soggetto san che nel paziente ammalato di Alzheimer. La conclusione dello studio ha evidenziato che, mentre l’assunzione del GH è efficace su cellule sane e ne favorisce la rigenerazione, sui neuroni ammalati è quasi inefficace. Quindi la terapia ha piuttosto un effetto preventivo che terapeutico. Purtroppo, pur avendo la malattia una alta incidenza sociale e alti costi per la famiglia e per la Sanità, gli studi clinici in questo settore pochi negli ultimi 15 anni se ne contano una decina.
Il ruolo fondamentale è espresso da una sana attività fisica, in particolare la corsa ha un effetto di stimolo sui neuroni, l’alimentazione che deve contenere un alto apporto proteico e basso in grassi. Ma determinante è il ruolo del GH e IGF1 che attivano la formazione di nuovi neuroni e connessioni di fibre nel cervello e a livello del nervo periferico. Nuovi studi clinici sono in corso per valutare nuove strategie terapeutiche in pazienti già con i primi sintomi di decadimento cerebrale.
Un’incidenza importante della malattia neurodegenerativa è quella riscontrata negli atleti di vari sports, in particolare boxe, professionisti di calcio e di football americano. Nei calciatori e i giocatori di football americano, pur avendo un rischio minore di mortalità rispetto a quello riscontrato nella popolazione normale, dovuto alla alimentazione, all’esercizio fisico costante, è stata riscontrata una incidenza maggiore di casi di malattie neurodegenerative. I casi riscontrati sono stati classificati nella sclerosi laterale amiotrofica (SLA), malattia che nella popolazione normale ha una incidenza di 4.3 casi ogni 100.000 abitanti 1. Nessun caso di demenza è stato mai riscontrato 2.
Sembra tuttavia, che la continua esposizione a piccoli traumi negli sport da contatto possano sviluppare una malattia sub clinica a breve termine, non evidente clinicamente, ma con conseguenze a lungo termine causando la malattia neurologica 3 e conseguenti disfunzioni cerebrali 4. In questo ambito clinico, la mancata compensazione di una adeguata produzione di GH può essere coinvolta nella rigenerazione della cellula nervosa e quando insufficiente impedire un compenso fisiologico e favorire la malattia.
Mehta P, Kaye W, Bryan L, et al. Prevalence of amyotrophic lateral sclerosis: United States, 2012-2013. MMWR Surveill Summ. 2016;65(8):1-12.
Casson IR, Pellman EJ, Viano DC. Chronic traumatic encephalopathy in a National Football League player. Neurosurgery. 2006;58(5):E1003.
Osnato M, Giliberti V. Postconcussion neurosis-traumatic encephalitis: a conception of postconcussion phenomena. Arch Neurol Psychiatry. 1927;18:181.
Baugh CM, Stamm JM, Riley DO, et al. Chronic traumatic encephalopathy: neurodegeneration following repetitive concussive and subconcussive brain trauma. Brain Imaging Behav. 2012;6(2):244-254.